INFORTUNIO DEL PENSIONATO/GIARDINIERE: RESPONSABILITA' DEL PROPRIETARIO DEL GIARDINO

Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 10089 del 10 marzo 2023

23-03-2023

La Corte di Cassazione, sezione penale, con sentenza n. 10089 del 10 marzo 2023, ha ritenuto sussistente, ai fini civili, la responsabilità per lesioni personali colpose gravissime, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in capo al proprietario di un'abitazione con giardino e al soggetto che aveva materialmente affidato l'incarico di potatura di un albero alto circa 10 metri ad un lavoratore che si era poi gravemente infortunato.

Secondo la Corte la responsabilità colposa è derivata dall'individuazione di un lavoratore, effettuata in violazione dell'obbligo di verificarne preventivamente l'idoneità tecnico-professionale per l'effettuazione dei lavori di potatura, tenuto conto della loro pericolosità (c.d. “culpa in eligendo”).

In particolare, il proprietario e la persona che aveva affidato l'incarico sono stati ritenuti responsabili per l'infortunio perché hanno scelto un lavoratore inadeguato, ossia un pensionato, assunto in nero, senza averne verificato previamente l'idoneità tecnico-professionale per l'intervento, anche rispetto alla sua pericolosità.

La Cassazione ha rilevato che il proprietario dell'abitazione e colui che aveva affidato l'incarico dovevano essere qualificati come “committenti”, in base alla vigente normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs 81/2008) e, quindi, erano titolari di una specifica posizione di garanzia, a prescindere dalle concrete modalità con le quali si era verificato l'infortunio.

Conseguentemente la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso della parte civile e cassando la sentenza di assoluzione di secondo grado, ha sottolineato che avrebbe dovuto essere percepita la palese prevedibilità del rischio e la pericolosità del lavoro da svolgersi in quota, senza l'uso di una piattaforma, da parte di un lavoratore sprovvisto di casco e di idonei sistemi di protezione, che utilizzava tecniche desuete.

Secondo la Corte, infatti, la sentenza d'Appello non aveva adeguatamente vagliato la mancata presa di coscienza dei rischi connessi all'intervento, che assume imprescindibile rilievo ai fini della valutazione della sussistenza della culpa in eligendo; tale responsabilità colposa consegue al fatto che il lavoratore era privo di adeguata preparazione professionale e di idonea attrezzatura, nonché incapace di adottare una metodologia operativa consona alla prestazione richiestagli.