PRIVACY E CONTROLLO SULLE EMAIL AZIENDALI

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sul caso Barbulesco contro Romania (n. 61946/2008), sentenza del 09 settembre 2017

06-09-2017

La Corte Europea dei diritti dell'uomo, con sentenza depositata il 5 settembre 2017, con la quale ha deciso il caso Barbulescu contro Romania (n. 61496/2008), ha stabilito che i controlli del datore di lavoro sulle email spedite da un dipendente dall'indirizzo mail aziendale, per fini personali, possono essere previsti solo nel rispetto di alcuni elementi.
È stato un ingegnere di una società privata rumena a ricorrere alla Corte europea a seguito del licenziamento irrogato dal datore di lavoro per utilizzo di beni aziendali per fini personali in quanto il dipendente, dopo aver attivato un account per rispondere ai quesiti dei clienti, aveva utilizzato l'indirizzo aziendale per scambiarsi messaggi con i propri familiari. 
I giudici nazionali avevano dato ragione al datore di lavoro e, quindi, l'uomo ha presentato un ricorso a Strasburgo, contestando allo Stato un'omessa protezione del diritto al rispetto della vita privata, garantito dall'articolo 8 della Convenzione.
La Corte ha preliminarmente precisato che la nozione di vita privata in base alla Convenzione non ha una portata limitata e, quindi, non può essere circoscritta al solo ambito della sfera personale, ma deve includere ogni aspetto che permette all'individuo di sviluppare la propria identità sociale.
Da qui l'inclusione, in tale ambito, delle attività professionali e pertanto, nella sfera di protezione dell'articolo 8 rientrano anche le conversazioni e le email inviate con indirizzo mail aziendale.
La Corte ha preliminarmente evidenziato la necessità che venga raggiunto un giusto equilibrio tra diritto al rispetto della vita privata e interesse del datore di lavoro al buon funzionamento dell'azienda e al rispetto dei doveri professionali da parte dei dipendenti.
A detta della Corte, tali esigenze, verrebbero contemperati dai seguenti elementi:
- un'informazione chiara al dipendente sulla possibilità di un controllo, data in anticipo rispetto al monitoraggio;
- una valutazione sul grado e l'ampiezza dell'intrusione, tenendo conto del tempo e del numero di soggetti che hanno avuto accesso ai contenuti;
- l'esistenza di gravi motivi che spingano il datore di lavoro a procedere ai controlli;
- l'impossibilità di avvalersi di sistemi meno intrusivi.
Nel caso di specie, verificato l'assenza di tali elementi, la Corte ha accertato la violazione dell'articolo 8.