ILLEGITTIMA LA SOSPENSIONE PER MANCATA VACCINAZIONE CONTRO IL COVID 19

Tribunale dell'Aquila, sentenza n. 136 del 13 settembre 2023

30-09-2023

Il Giudice del Lavoro dell’Aquila, con sentenza del 13 settembre, ha dichiarato illegittima la sospensione dal lavoro senza stipendio di un lavoratore ultracinquantenne ed ha quindi condannato l’ente pubblico datore di lavoro al pagamento degli stipendi arretrati oltre al risarcimento del danno biologico da stress per la sospensione.

Secondo il magistrato, infatti, non essendo provata l’efficacia vaccinale quale strumento di prevenzione dal contagio Covid, vaccinati e non vaccinati vanno trattati come persone tra loro sostanzialmente equivalenti.

La sentenza premette che la stessa non valuta la legittimità dell’obbligo vaccinale anti Covid, bensì la legittimità della sospensione dal lavoro per assenza della vaccinazione obbligatoria dell’ultracinquantenne, in base all’articolo 4-quinquies del Dl 44/2021.

A tal proposito il Giudice parte da una prima essenziale considerazione secondo cui lo Stato italiano, in base all’articolo 1 della Costituzione, si fonda sul lavoro e su tale principio si fonda, a sua volta, la dignità professionale nonché quella personale; a sua volta il reddito di lavoro costituisce il reddito di sussistenza, in mancanza del quale si scivola nel degrado e nella dipendenza (articolo 36 della Costituzione).

Stabiliti tali limiti invalicabili, appare evidente, secondo il magistrato, che le limitazioni imposte dall’articolo 4-quater del Dl 44/2021, per tutelare la salute pubblica, dovrebbero basarsi sul fatto che il lavoratore debba essere vaccinato perché non possa essere, a sua volta, fonte di rischio per i colleghi di lavoro.

Circostanza di cui, però, il giudice del lavoro non ha trovato alcun riscontro dato che “i vaccinati, come i non vaccinati, con i farmaci oggi a disposizione della popolazione italiana, si infettano ed infettano gli altri, né vi è alcuna evidenza scientifica che abbia dimostrato che il vaccinato non si contagi e non contagi a sua volta”.

Il magistrato evidenzia inoltre che l’articolo 4-quater estende l’obbligo vaccinale agli ultracinquantenni “per la prevenzione dell’infezione” e non per limitare in tutto o in parte le conseguenze della stessa (articolo 4-quinquies) ed è volto a evitare il contagio (e non le sue conseguenze) per i colleghi di lavoro.

Rileva la sentenza che, se il lavoratore vaccinato, come quello non vaccinato, si infetta ed infetta a sua volta, non può godere di un trattamento diverso e più favorevole rispetto a quello previsto per un non vaccinato.

Nella sentenza, peraltro, il giudice evidenzia che non si discute della idoneità o meno dei vaccini a prevenire le forme acute della malattia, bensì della capacità o della incapacità di tali vaccini come strumento di prevenzione del contagio, discostandosi, in ogni caso dalla sentenza 15/2023 della Corte costituzionale che, in tal senso, condivide l’affermazione dell’Istituto Superiore di Sanità secondo cui la vaccinazione anti Covid 19 costituisce una misura di “prevenzione” fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione.