ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE DELL'ART. 18, 7° COMMA, SECONDO PERIODO, DELLA LEGGE 300/1970

Corte Costituzionale, sentenza n. 125 del 19 maggio 2022

08-06-2022

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 125 del 19 maggio 2022, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), nella parte in cui la norma prevedeva la reintegrazione solo nell’ipotesi di “manifesta insussistenza” del motivo addotto a fondamento del recesso per motivi economici e, conseguentemente, l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per insussistenza del fatto posto a base del recesso comporterà la reintegrazione in servizio del lavoratore anche nell’ipotesi in cui l’accertata insussistenza sia non manifesta.

La disposizione in questione, infatti, prima della pronuncia della Corte costituzionale, riconosceva la tutela indennitaria nelle ipotesi di non manifesta insussistenza del fatto, garantendo, invece, la tutela reintegratoria solo nel caso in cui l’insussistenza fosse, appunto, «manifesta»; la distinzione però, di non facile interpretazione nell’applicazione pratica della norma, è stata censurata in più punti dalla Corte Costituzionale ed ora l’aggettivo “manifesta” è dunque eliminato dalla disposizione.

La Corte ha, infatti, precisato che qualora il fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia del tutto insussistente, in quanto, ad esempio, è stata soppressa una posizione, un reparto, un’unità produttiva, in realtà mai cessate del tutto oppure ricostituite a poca distanza dal recesso datoriale, non ci sono dubbi circa l’applicabilità della tutela reintegratoria.

In tutte le ipotesi che esulano dal fatto giuridicamente rilevante, invece, troverà applicazione la tutela indennitaria.

In queste ipotesi, come è stato evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale, si colloca, ad esempio, il mancato rispetto dei principi della buona fede e correttezza che presiedono alla scelta dei lavoratori da licenziare, quando questi appartengono a personale omogeneo e fungibile.

Per quanto riguarda invece le conseguenze nell’ipotesi di violazione dell’obbligo di repêchage, ossia dell’obbligo per il datore di lavoro, prima di procedere al licenziamento per motivi economici, di vagliare tutte le possibilità di ricollocare all’interno dell’azienda il lavoratore in esubero, la Corte Costituzionale non si è espressa sul punto.

La questione, quindi, dovrà essere risolta dalla giurisprudenza di legittimità in fase di applicazione della norma.

La Corte di Cassazione, in alcuni recenti approdi giurisprudenziali, che risentono della precedente formulazione della norma, ha affermato che, perché possa operare la tutela reale, la violazione dell’obbligo di repêchage deve risultare in modo immediatamente evidente e facilmente dimostrabile, perché la semplice, incompleta o insufficiente dimostrazione a carico del datore, dà unicamente luogo alla tutela indennitaria (Cassazione, 10435 del 2 maggio 2018 e 26460 del 17 ottobre 2019).

Alla luce della sentenza della Consulta, dunque, una particolare attenzione dovrà essere posta sulla possibilità di ricollocazione del lavoratore, al fine di evitare il rischio di illegittimità del recesso, che possa portare alla reintegra.

Ovviamente la decisione dichiarativa di incostituzionalità avrà efficacia sui rapporti giuridici sorti anteriormente, purché ancora pendenti e cioè non esauriti e, quindi, la sentenza della Corte spiegherà i suoi effetti sui giudizi pendenti o, comunque, non ancora passati in giudicato.