LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA: CONTESTAZIONE DIFFERITA PER INCROCIARE I DATI

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 22932 del 10 novembre 2015

11-11-2015

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22932 del 10 novembre 2015, ricorda che in tema di licenziamento per giusta causa, l'immediatezza della comunicazione del provvedimento espulsivo rispetto al momento della mancanza addotta a sua giustificazione, ovvero rispetto a quello della contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore (cfr. ex multis Cass. sent. n. 20719/13; n. 15649/10).
Prosegue il Giudice di legittimità che l'immediatezza della contestazione disciplinare e la tempestività della irrogazione della relativa sanzione, esplicazione del generale precetto di conformarsi alla buona fede e alla correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l'accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore, ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso (cfr. per tutte Cass. sent. n. 15649/10 cit.).
Inoltre, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l’esercizio del potere disciplinare è stato rimarcato (conformemente all’orientamento giurisprudenziale, cfr. Cass. sent. n. 7410/10) che la tempestività di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto nelle sue linee essenziali al lavoratore medesimo, la cui prova è a carico del datore di lavoro.
Di conseguenza, l’imprenditore porta a conoscenza del lavoratore i fatti contestati non appena essi gli appaiono ragionevolmente sussistenti, non potendo egli legittimamente dilazionare la contestazione fino al momento in cui ritiene di averne assoluta certezza, pena l’illegittimità del licenziamento (cfr. Cass. sent. n. 3532/13).
Tutto ciò premesso, nel caso di specie, il datore di lavoro ha legittimamente intimato il licenziamento al dipendente che percepiva falsi rimborsi per le trasferte di lavoro e la cui reiterazione necessitava di un riscontro e confronto tra i dati informatici e cartacei bisognoso di un lasso di tempo maggiore.
Respinto, quindi, il ricorso del lavoratore.