LICENZIAMENTO PER USO IMPROPRIO DELLA CARTA AZIENDALE: TEMPESTIVITA' DELLA CONTESTAZIONE

Corte di Cassazione, ordinanza n. 7467 del 15 marzo 2023

30-03-2023

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7467 del 15.03.2023, ha statuito che è legittimo il licenziamento del dipendente che utilizza la carta aziendale per fini extralavorativi facendo figurare l'esborso come spesa carburante nonostante l contachilometri dell'auto riporti una distanza percorsa pari a meno della metà dei km che avrebbe potuto percorrere con il carburante acquistato; la Corte ha inoltre chiarito che la tempestività della contestazione deve essere valuta rispetto al momento in cui il datore acquisisce conoscenza dei fatti.

Il Tribunale, in fase sommaria e di opposizione, aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento proprio per la tardività della contestazione disciplinare in quanto la società, pur ricevendo mensilmente i giustificativi delle spese di carburante, avrebbe omesso di svolgere tempestivi controlli, pregiudicando così il diritto di difesa del dipendente.

La Corte d'appello di Milano, viceversa, aveva accolto il reclamo della azienda dichiarando legittimo il licenziamento intimato per giusta causa nel marzo 2017 per le spese di carburante relative agli anni 2015 e 2016 non riferibili allo svolgimento dell'attività lavorativa; per la Corte territoriale la società aveva infatti preso cognizione dei fatti solo in occasione della chiusura del bilancio del 2016 e, dunque, era tempestiva la contestazione avvenuta nel febbraio 2017.

Sul punto la Cassazione sottolinea come il datore di lavoro "abbia il potere, ma non l'obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento, atteso che un simile obbligo, non previsto dalla legge né desumibile dai principi di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., negherebbe in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato"; ragion per cui "la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell'infrazione ove avesse controllato assiduamente l'operato del dipendente, ma con riguardo all'epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza".

È vero, prosegue la Corte, che nel caso di specie i giustificativi di spesa erano consegnati dal dipendente con cadenza mensile e che, in teoria, il datore era in condizione di controllare mensilmente le spese eseguite in relazione ai chilometri percorsi, ma nel rapporto di lavoro in generale, e in particolar modo quando si assegnano al dipendente l'auto aziendale e la carta di credito aziendale, "si fa affidamento sul corretto utilizzo di tali strumenti di lavoro, in funzione esclusiva delle esigenze connesse alla prestazione, non potendosi esigere un controllo costante di parte datoriale che presupporrebbe null'altro che una pregiudiziale sfiducia nell'operato del dipendente e quindi la negazione di quel patto di reciproca fiducia che sta alla base di ogni rapporto negoziale e del rapporto di lavoro in special modo".

È dunque corretto, secondo gli Ermellini, il procedimento utilizzato dalla azienda che, con l'ausilio di un consulente tecnico, ha accertato che il carburante acquistato dal dipendente, "in relazione alle caratteristiche di consumo dell'auto aziendale, avrebbe consentito di percorrere 278.094,83 km, a fronte dei 121.155,30 km risultanti dal tachimetro" ed ha ritenuto che tale "evidente sproporzione tra la spesa dichiarata dal lavoratore per i rifornimenti di carburante e i chilometri effettivamente percorsi dall'auto aziendale non avesse altra spiegazione né giustificazione se non quella dell'uso del denaro aziendale per scopi diversi da quelli inerenti l'esecuzione della prestazione".