LICENZIAMENTO TARDIVO: ILLEGITTIMO E RITORSIVO

Tribunale di Milano, ordinanza del 1 luglio 2016

12-09-2016

Il Tribunale di Milano, con ordinanza del primo luglio 2016, ha stabilito che è illegittimo il licenziamento fondato su una contestazione disciplinare fatta al dipendente più di un anno prima.
Anzi: la reazione tardiva del datore di lavoro può essere una spia di un suo comportamento ritorsivo.
Spiega il Tribunale che il principio di immediatezza, che segue il lasso di tempo tra contestazione e licenziamento, è legato all’esigenza "di assicurare la genuinità dell’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro ed evitare, così, che la pendenza di una determinata questione possa essere utilizzata in modo distorto con finalità ritorsive".
Infatti, la Cassazione (Cass. sent. n. 11100/2008) configura l’immediatezza della comunicazione "quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro".
L'aspetto rilevante collegato a questa statuizione, in linea con le precedenti decisioni di merito e di legittimità (Corte di Cassazione), è connesso alla provata natura ritorsiva del licenziamento intimato dal datore.
Infatti, come ha chiarito la Cassazione, per dichiarare nullo il provvedimento occorre dimostrare che la ritorsione e la rappresaglia siano stati gli unici motivi a determinare la decisione di interrompere il rapporto di lavoro (cfr. Cass. sent. n. 6282/2011).
L’onere della prova dell’intento ritorsivo spetta esclusivamente al lavoratore.
La rappresaglia deve avere avuto "un’efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione della giusta causa o del giustificato motivo" e la prova può essere fornita anche in via presuntiva (Cass. sent. n. 3985/2015).
Nel caso di specie, la società datrice di lavoro aveva intimato il licenziamento al lavoratore dopo oltre un anno da una contestazione disciplinare vertente sull'aver trattenuto indebitamente somme della società, danneggiato il furgone aziendale e maltrattato verbalmente alcuni clienti.
Del pari, il lavoratore sosteneva che il provvedimento conclusiovo del rapporto fosse stato intimato come ritorsione alle sue ripetute richieste, di cui l'ultima pochi giorni prima del licenziamento, di adeguamento retributivo, ritenendo lo stipendio non sufficiente per le sue mansioni e il suo orario di lavoro.
Ne consegue, per il Giudice del Lavoro, che L’essere stato licenziato sulla base di fatti contestati oltre un anno prima e pochi giorni dopo aver lamentato (per l’ennesima volta) la non correttezza della retribuzione e dell’orario di lavoro svolto rispetto al corrispettivo percepito sono indizi sufficienti a provare la natura ritorsiva del licenziamento.