MALATTIA DEGENERATIVA E PERIODO DI COMPORTO

Corte d'Appello di Napoli, sentenza n. 168 del 2023

15-03-2023

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 168 del 2023, ha stabilito che è nullo il licenziamento irrogato a un lavoratore affetto da sclerosi multipla degenerativa per superamento del periodo massimo di malattia, in quanto la speciale condizione di handicap grave da cui è affetto avrebbe dovuto impedire di applicare pedissequamente la disciplina del Ccnl sul periodo di comporto e imporre, invece, di adottare accorgimenti ragionevoli che tenessero conto della natura irreversibile della malattia.

Né poteva, secondo la Corte, il datore di lavoro fare legittimo affidamento sulla regolamentazione delle assenze per malattia prevista dal Ccnl perché le disposizioni contrattuali collettive che, senza differenziare tra malattia ordinaria e malattia irreversibile, prevedono il licenziamento di tutti i lavoratori, portatori o meno di una disabilità, al superamento di una soglia massima di giorni di assenza realizzano una forma di discriminazione indiretta.

La Corte d’appello di Napoli evidenzia quindi che la norma collettiva sul periodo di comporto è solo apparentemente neutra e finisce, in realtà, per determinare una ingiustificata disparità di trattamento in un ambito, quello delle assenze per malattia, in cui è fondamentale operare dei correttivi rispetto ai lavoratori affetti da handicap.

A supporto di questa valutazione viene richiamato l’articolo 2 del decreto legislativo 216/2003, in forza del quale si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un atto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona portatrice di handicap in una condizione di particolare svantaggio rispetto ad altri.

I giudici partenopei osservano infine che era onere del datore prevedere quei ragionevoli accorgimenti che, nel caso specifico, avrebbero potuto consentire di adattare le assenze per malattia del lavoratore disabile alla condizione di handicap degenerativo da cui era affetto. La Corte suggerisce anche una misura di bilanciamento e la individua nel controllo che il datore avrebbe potuto operare sul permanere delle condizioni di idoneità alla mansione.

Secondo la Corte piuttosto che disporre il licenziamento per superamento del comporto, il datore avrebbe dovuto intraprendere la diversa strada del licenziamento per sopravvenuta inidoneità.

La sentenza si aggiunge a quelle del Tribunale di Verona n. 1089/20, del Tribunale di Mantova n. 126/21, del Tribunale di Milano n. 356/22 e del Tribunale di Parma n. 1/23 che si contrappongono al diverso orientamento secondo il quale l’applicazione del medesimo periodo di comporto previsto dal CCNL a tutti i lavoratori non determinerebbe necessariamente una discriminazione indiretta (Tribunale di Venezia n. 6273/21; Corte d’Appello di Palermo n. 111/22; Tribunale di Vicenza n. 181/22; Tribunale di Bologna n. 230/22 e Tribunale di Lodi n. 12/2022).