ADEGUATEZZA DEL SALARIO: LE ULTIME SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenze n. 27711, n. 27769, n. 28320, n. 28321, n. 28323

31-10-2023

La Corte di Cassazione, nel valutare se la retribuzione minima stabilita da un contratto collettivo nazionale sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative può bastare a garantire il rispetto del principio di sufficienza e proporzionalità dettato dall’articolo 36 della Costituzione, ritiene che non lo sia necessariamente.

Con due prime sentenze del 2 ottobre 2023 n. 27711 e n. 27769 la Cassazione Civile, sez. lavoro, ha statuito che il giudice deve fare riferimento innanzitutto alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può tuttavia motivatamente discostarsi, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’articolo 36 della Costituzione.

Per la determinazione del giusto salario minimo il giudice può usare come parametro la retribuzione stabilita in altri contratti collettivi di settori affini e può fare altresì riferimento a indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla direttiva Ue 2022/2041 del 19 ottobre 2022.

Con successive sentenze del 10 ottobre 2023 n. 28320, n. 28321 e n. 28323 gli Ermellini, in sez. lavoro, hanno invece stabilito che restringere la portata precettiva dell’articolo 36 della Costituzione ai soli rapporti di lavoro non tutelati da contratto collettivo è un’interpretazione non condivisibile, perché non giustificata dal dato normativo.

Anzi, la verifica del giudice si impone proprio qualora risulti che il trattamento economico previsto dalle parti sociali nel contratto collettivo non risponda ai principi di dignità e libertà connessi alla definizione di retribuzione proporzionata e sufficiente data dalla Costituzione.