STRAINING: DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO

Corte di Cassazione, sentenza n. 29101 del 13 settembre 2023

20-10-2023

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 29101 del 13 settembre 2023, ha statuito che anche un solo atto fortemente “stressogeno” da parte del superiore gerarchico nei confronti del dipendente fa scattare il diritto al risarcimento del danno.

Secondo la Corte, infatti, diversamente dal mobbing, che richiede una condotta reiterata nel tempo, per lo “straining” è sufficiente una condotta isolata e, siccome integra comunque una violazione dell’art. 2087 del cod. civ., per il quale il datore è obbligato a tutelare “l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, lo straining, una volta accertato, dà comunque diritto al risarcimento.

Precisa la Corte: “al di là della tassonomia e della qualificazione come mobbing e/o straining, quello che conta in questa materia è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito ex art. 2087 c.c. da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell’ordinamento (la sua integrità psicofisica, la dignità, l’identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica)”.

La reiterazione, l’intensità del dolo ecc., prosegue la Corte, “sono elementi che possono incidere eventualmente sul quantum del risarcimento ma è chiaro che nessuna offesa ad interessi protetti al massimo livello costituzionale può restare senza la minima reazione e protezione rappresentata dal risarcimento del danno”.

Dunque, anche se lo straining rappresenta una forma attenuata di mobbing “perché priva della continuità delle vessazioni”, è sempre riconducibile a una violazione dell’art. 2087 cod. civ., “sicché se viene accertato lo straining e non il mobbing la domanda di risarcimento del danno deve essere comunque accolta”.