FONDO PENSIONE: IMPUGNAZIONE MANCATA PEREQUAZIONE

Corte di Cassazione, sentenza n. 22149 del 29 ottobre 2015

02-11-2015

Accade che l’assemblea di un Fondo pensione delibera il congelamento della perequazione automatica (ossia l’adeguamento degli assegni previdenziali alla svalutazione della moneta o di eliminazione di differenze ingiuste) delle prestazioni pensionistiche integrative aziendali per far fronte a squilibri finanziari.
Tale delibera assembleare, approvata successivamente dalla Covip (Commissione vigilanza sui fondi pensione), modifica lo statuto del Fondo, influendo in peius sulle prestazioni pensionistiche, e non convince un partecipante che, di conseguenza, la impugna, proponendo domanda di annullamento.
La Corte d’Appello sostiene che detta modifica statutaria sia da configurare come un atto a formazione progressiva a doppia componente privatistica e pubblicistica.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22149 del 29 ottobre 2015, riformando quanto sostenuto dai Giudici del merito, afferma che il Fondo è assoggettato senza dubbio alle disposizioni codicistiche che disciplinano le persone giuridiche di diritto privato.
Ne consegue che l’azione per far valere l’eventuale contrarietà a norme imperative (ossia, disposizioni inderogabili dalle parti) di delibere assembleari dei Partecipanti al Fondo è disciplinata dall’art. 23 c.c. che stabilisce che le deliberazioni dell’assemblea della persona giuridica di diritto privato “contrarie alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell’Ente, di qualunque associato o del P.M.”.
Questo perché, come già sostenuto dalla Corte (Cass. sent. n. 13855/2014), la violazione di norme imperative da parte di una delibera assembleare di una persona giuridica privata, modificativa dello statuto, costituisce una speciale forma di annullabilità che deroga il principio generale dell’art. 1418 c.c.
Questa speciale forma è assoggettata alla prescrizione quinquennale sancita dall’art. 1442 c.c.
Pertanto, la regola generale che disciplina la validità/invalidità degli atti deliberativi delle relative assemblee è quella della annullabilità, essendo previsione della nullità (art. 1418 c.c.) limitata ai soli casi in cui il contenuto della delibera contrasti con norme dettate a tutela degli interessi generali (del Fondo) e trascendendo, di conseguenza, l’interesse del socio o di un gruppo di essi (cfr. Cass. sent. n. 6882/2014).
Ed il caso di specie riguarda, appunto, solo un ristretto gruppo di Partecipanti.
Inoltre, l’atto di approvazione della Covip, è inteso dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato n. 238/2005) come un provvedimento amministrativo mediante il quale una autorità amministrativa o un organo esprime un giudizio favorevole sulla legittimità e il merito di un atto giuridico già emesso da altra autorità o da altro organo amministrativo ovvero espresso da altro soggetto.
Di conseguenza, l’approvazione non fa parte della fase costitutiva dell’atto controllato ma rientra nella fase integrativa dell’efficacia dello stesso, vale a dire nella fase in cui l’atto, già perfetto, è temporaneamente privo di idoneità a produrre i suoi effetti.
Ne deriva che l’approvazione ha efficacia retroattiva, l’efficacia del provvedimento controllato retroagisce alla sua adozione, ovvero alla data della delibera assembleare.
Si può quindi concludere che il Partecipante al Fondo pensione deve proporre domanda di annullamento del provvedimento che congela la perequazione degli assegni integrativi pensionistici entro i cinque anni dalla delibera assembleare (e non dalla sua approvazione Covip).