IRRETROATTIVITA' DEL JOBS ACT: INDENNITA' A FORFAIT

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 21226 del 20 ottobre 2015

22-10-2015

Sebbene l’art. 55 del d. lgs. n. 81/2015 abbia espressamente abolito i commi 5 e 6 dell’art. 32 del collegato lavoro, l. n. 183/2010, detto decreto attuativo non prevede una specifica disposizione transitoria che riconosca espressamente un’efficacia retroattiva della nuova indennità (disciplinata all’art. 28) da corrispondere nella conversione del contratto da tempo determinato ad indeterminato, al contrario della vecchia legge del 2010, al comma 7 del medesimo art. 32.
Di conseguenza, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 21266 del 20 ottobre 2015 ha affermato che nel caso di conversione a tempo indeterminato di contratti a termine precedenti all’entrata in vigore del decreto attuativo del Jobs Act, ovvero il 25.06.2015, trova applicazione l’indennità a forfait prevista dal collegato lavoro del 2010.
Con ordine.
L’art. 32, co. 5 e 6, l. n. 183/2010, prevedeva che nei casi di conversione del contratto a termine, il giudice condannasse il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva “dell'ultima retribuzione globale di fatto” e che in presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le “organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità fissata sarebbe stato ridotto alla metà.
Il successivo comma 7 attribuiva la disciplina indennitaria a tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della legge.
Con la riforma del mercato del lavoro, Jobs Act, e la sua attuazione, è stata prevista dall’art. 28 d. lgs. n. 81/2015 una nuova indennità.
Questo articolo afferma che nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva “dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto”.
La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (C. Cost. sent. n. 303/2011)).
Inoltre, in presenza di “contratti collettivi” che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata è ridotto alla metà.
La Cassazione ha dichiarato che dalla nuova formulazione normativa dell’indennità non si evince una semplice riscrittura e mera riformulazione, ma un’autentica volontà riformante e innovativa, configurando una chiara ipotesi di successioni delle leggi nel tempo.
Orbene, sono state accuratamente poste qui sopra tra virgolette in corsivo le due macro differenze tra passato e presente, sia in riferimento alla retribuzione di fatto e retribuzione per il calcolo del tfr, sia per la diversa modalità di contrattazione collettiva richiesta.
Inoltre, anche ove si riconoscesse alla nuova disciplina l’efficacia retroattiva, dovrebbe in ogni caso esserne vagliata la legittimità costituzionale, anche rispetto ai parametri europei (art. 6 Cedu), al fine di verificare la sussistenza delle stringenti condizioni cui la giurisprudenza costituzionale ed europea subordina la legittimità della retroattività in materia civile.
In conclusione, la successione delle leggi nel tempo, mentre trova specifica previsione e attuazione nel collegato lavoro al comma 7 citato, non la trova nel nuovo decreto riformante: ratione temporis, per la conversione contrattuale ante 25 giugno 2015 si applica l’art. 32 della l. n. 183/2010.