LICENZIAMENTI DISCIPLINARI TARDIVI: NON SI APPLICA LA REINTEGRAZIONE

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 30985 del 27 dicembre 2017

27-04-2018

La Suprema Corte, con la sentenza n. 30985/2017, statuisce che il licenziamento tardivo di un lavoratore per motivi soggettivi comporta la sola applicazione della tutela risarcitoria prevista nell’art. 18, comma 5, legge n. 300/1970, con condanna al pagamento di un indennizzo tra le 12 e le 24 mensilità di retribuzione globale di fatto e la risoluzione del rapporto di lavoro.

Con tale pronuncia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione risolvono il contrasto giurisprudenziale sul regime sanzionatorio da comminare, in caso di tardività della contestazione disciplinare, ai rapporti regolati ancora dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ossia quelli iniziati prima dell’entrata in vigore del Jobs Act.

La vicenda traeva origine da un ricorso presentato da un lavoratore a seguito di un licenziamento disciplinare contestato a oltre due anni di distanza dallo svolgimento dei fatti.

Il Tribunale impartiva la sanzione indennitaria, prevista dall’art. 18 legge n. 300/1970, in quanto riteneva la contestazione tardiva una semplice violazione procedurale. Seguendo il primo degli indirizzi giurisprudenziali, infatti, il giudice di primo grado negava carattere sostanziale al vizio della tardiva contestazione.

La Corte d’Appello investita della questione disponeva, invece, la condanna alla reintegrazione sul posto di lavoro, giacché, aderendo al secondo degli orientamenti giurisprudenziali, precisava che uno degli elementi essenziali del licenziamento era costituito dall’immediatezza della contestazione stessa.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, conformandosi al primo dei due orientamenti sopra citati, evidenziano che la tardività della contestazione non è una violazione procedurale e non incide sull’eventuale sussistenza dell’inadempimento, posto che essa non è elencata tra i vizi che comportano la sanzione della reintegrazione sul posto di lavoro.

La tardività della contestazione rappresenta, piuttosto, una violazione dei principi di buona fede e correttezza a cui deve ispirarsi anche il datore di lavoro che, quindi, deve contestare immediatamente i fatti o gli impedimenti. Invero, una contestazione tempestiva è indispensabile per garantire al lavoratore una difesa effettiva. Per tali motivi, la Suprema Corte statuisce che è applicabile la sola tutela indennitaria piena prevista all’art. 18, comma 5, legge n. 300/1970.