LICENZIAMENTO: ILLEGITTIMO PER IL LAVORATORE INFORTUNATO CHE SVOLGE ATTIVITA' PERSONALI

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 22726 del 6 novembre 2015

09-11-2015

È illegittimo il licenziamento del dipendente che durante l'assenza per un infortunio in itinere si allontana da casa per svolgere attività di natura privata. Le incombenze personali non ritardano la guarigione e non si possono equiparare, quanto all'impegno richiesto, alle normali prestazioni di lavoro che prevedono vincoli e orari di maggior rilievo.
Questa la massima espressa dalla sentenza n. 22726 depositata il 06 novembre 2015 dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione.
Il caso concreto riguardava il licenziamento intimato ad una lavoratrice per essersi, durante una prolungata assenza dal lavoro per le conseguenze di un infortunio in itinere, allontanata dalla propria abitazione per svolgere alcune attività inerenti alla propria vita privata.
I giudici del merito, decidendo l’impugnativa della lavoratrice, avevano accertato con apposita c.t.u. la compatibilità tra le attività extralavorative prospettate e le condizioni di salute della lavoratrice stessa, escludendo sia che lo stato di inabilità al lavoro conseguente all’infortunio fosse stato fraudolentemente simulato, sia che suddette attività avessero in qualche modo potute ritardare il recupero dell’efficienza psico-fisica necessaria alla ripresa della vita lavorativa.
Non ultimo, era stato escluso che tali attività extra potessero essere equiparate alla normali prestazioni di lavoro, proprio in virtù di una maggiore, autonoma ed elastica gestione dei ritmi che il lavoratore subordinato non possiede.
La Cassazione aggiunge, poi, che un lavoratore, a fronte di un certificato medico comprovante l’inabilità lavorativa non è obbligato ad invitare il datore di lavoro a ricevere una prestazione ridotta a quella sola residua porzione che eventualmente egli ritenga possibile: come il creditore non è tenuto ad accettare un parziale adempimento dell’obbligazione, ex art. 1181 c.c., così il relativo debitore non è tenuto ad offrirgliela, specie quando, come nel caso in oggetto, parte datrice/creditore non allega di aver invitato la lavoratrice/debitrice a prestare in modo ridotto la propria attività.
Per concludere, la summenzionata sentenza si conforma ad un principio già espresso dalla Suprema Corte con la n. 6375/11.