RETRIBUZIONE: L'ACCORDO RENDE POSSIBILE LA RIDUZIONE

Art. 2103 c.c., modificato dal Jobs Act

16-10-2015

Il d. lgs. n. 81/2015, attuativo della riforma del Lavoro nota col nome di Jobs Act, ha modificato l’articolo 2103 c.c.
Ciò ha comportato una maggiore flessibilità della modifica delle mansioni dei lavoratori assunti.
Tuttavia, c’è un’altra conseguenza molto importante: il poter concordare validamente le diminuzioni retributive tra lavoratori ed aziende.
Infatti, il vecchio testo dell’articolo del codice civile summenzionato recitava che “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito (…) senza alcuna diminuzione della retribuzione. Ogni patto contrario è nullo”.
Questo nell’applicazione concreta, ovvero in giurisprudenza, ha sempre significato che qualunque fosse stata la fonte modificatoria diminutiva della retribuzione, tanto l’accordo privato datore-lavoratore, quanto l’accordo sindacale o innanzi ad una direzione del lavoro, sarebbe stata nulla, invalida.
Unica eccezione le indennità condizionate a particolari circostanze di lavoro.
Invece, la nuova formulazione, che conserva l’eccezione riportata, permette che nelle sedi individuate dall’art. 2113, co. 4, c.c., o avanti le commissioni di certificazione, “possano essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore

  • alla conservazione dell’occupazione,

  • all’acquisizione di una diversa professionalità,

  • al miglioramento delle condizioni di vita”.

Orbene, si apre una serie di dubbi interpretativi che sarà la giurisprudenza nel corso dei prossimi mesi ed anni a dirimere.
Infatti, ci si chiede perché non si dovrebbero considerare validi anche gli accordi di sola diminuzione della remunerazione, posto il collegamento delle diminuzioni retributive alla modifica delle mansioni del nuovo art. 2103 c.c.
Inoltre, capovolgendo la prospettiva, ci si chiede se la nuova normativa non punti a regolare le modifiche delle mansioni, lasciando, invece, liberi datori e lavoratori di concordare diminuzioni retributive oltre i tre casi sopra messi in evidenzia e fuori dalle sedi di conciliazione, purché, si intende, nel rispetto dei minimi della contrattazione collettiva, ove applicabili o utilizzati dai giudici quale metro di adeguatezza disposto dall’art. 36 della Costituzione.
A completezza, per concludere, si segnala un vecchio orientamento della Cassazione (cfr. Cass. sent. n. 6083/1997) che dava una simile interpretazione, poi soppiantato dal principio di irriducibilità della retribuzione ex art. 36 Cost.