La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2516 del 16 gennaio 2024, ha confermato il proprio precedente e consolidato orientamento secondo il quale lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che poter far presumere l’insussistenza della stessa malattia o pregiudicare e ritardare la guarigione o il rientro in servizio del lavoratore (Cassazione 26496/2018, 10416/2017) e, pertanto, lo svolgimento di attività lavorativa da parte del lavoratore durante il periodo di malattia legittima il suo licenziamento per giusta causa.
Il caso trae origine dal licenziamento per giusta causa irrogato al dipendente che, durante il congedo di malattia della durata di una settimana, aveva prestato servizio per due giorni presso l’esercizio commerciale del coniuge, come emerso dalle risultanze dell’attività investigativa disposta dalla società datrice di lavoro.
La Corte d’appello, confermando la pronuncia del Tribunale, aveva rigettato l’impugnazione del ricorrente, rilevando la potenziale idoneità dell’attività svolta a ritardare la sua guarigione, poiché ripetuta nel periodo di malattia, e dunque fondante l’addebito disciplinare posto alla base della sanzione espulsiva.
La Corte di Cassazione, nel confermare la sentenza di merito, ha ritenuto corretto il percorso logico giuridico seguito dalla Corte di merito che, dopo aver qualificato l’attività lavorativa svolta a favore di terzi durante il periodo di malattia come potenzialmente idonea a ritardare la guarigione del dipendente, ha ritenuto tale potenzialità pregiudizievole e contrastante con i doveri generali incombenti sul lavoratore.